ELEZIONI
LESSICO POLITICO-ELETTORALE |
Il lemma “elezioni” risale al XIII sec. e deriva dal latino eligere che significa scegliere. A sua volta eligere è comporto da “e” (separare) e “legere” (cogliere).
Definiamo, in generale, le elezioni come quel procedimento con cui tramite votazione vengono scelti i rappresentanti (liste e/o candidati) cui sono affidate cariche pubbliche.
Le elezioni possono riguardare la scelta di organi monocratici (es. Presidente della Repubblica, Primo Ministro, Presidente della Regione, Presidente della Provincia, Sindaco), ovvero di organi collegiali (Parlamento, Consiglio regionale, provinciale, comunale, circoscrizionale).
Si distinguono le elezioni presidenziali che riguardano l’elezione del Presidente della Repubblica; politiche quelle per eleggere i membri del Parlamento o il Congresso; regionali riguardanti l’elezione dei membri dei Consigli regionali e amministrative quelle per eleggere i membri dei Consigli provinciali, comunali e circoscrizionali o di quartiere.
Le elezioni possono essere dirette o indirette. In quelle dirette i cittadini eleggono direttamente i propri rappresentanti alle cariche pubbliche. In quelle indirette vi è una procedura di secondo grado nella quale un organismo istituzionale elettivo (es. Parlamento) o un collegio elettorale ad hoc eleggono una determinata persona ad una carica pubblica (es. Presidente della Repubblica).
Oltre alle elezioni, vi sono altri metodi alternativi attraverso i quali vengono acquisite le cariche pubbliche. Ad esempio per via ereditaria, per nomina, per sorteggio, per cooptazione, per concorso, attraverso esborso di denaro o altri beni o con la forza.
Le elezioni, come particolare metodo d’investitura, si distinguono dalla nomina essenzialmente per l’ampiezza dell’organo che deve effettuare la scelta. Nelle elezioni c’è l’intervento del corpo elettorale e richiedono procedure più complesse rispetto alla nomina. La nomina, invece, è un metodo di scelta proveniente da un organo monocratico (ad esempio l’art. 92 della Cost. italiana prevede che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i Ministri) o, da un organo ristretto (ad esempio il Consiglio dei Ministri nomina i Prefetti).
Il metodo del sorteggio veniva applicato nell’antica Atene per l’attribuzione delle cariche pubbliche.
La cooptazione è una procedura con la quale la scelta viene effettuata da coloro che fanno parte dell’organismo al quale appartiene il candidato scelto (un esempio tipico riguarda le Università che eleggono il Rettore).
In un regime democratico le elezioni sono il principale strumento in cui si manifesta la rappresentanza e il controllo popolare sui governanti.
Le elezioni in un regime democratico devono essere libere, ricorrenti e competitive. Libere significa che gli elettori possono informarsi ed esprimere la loro scelta liberamente senza coercizione fisica o psicologica; inoltre le varie liste e i candidati hanno la possibilità di svolgere la propria campagna elettorale in un quadro di regole che garantiscano la par conditio.
Ricorrenti significa che la durata delle cariche pubbliche è temporalmente limitata al fine di garantire agli elettori un controllo sugli eletti e, quindi, un eventuale ricambio del personale politico. Competitive significa che esiste un pluralismo effettivo in quanto a tutti i gruppi politici è permesso di competere in condizioni di parità per la conquista delle cariche pubbliche. Bisogna tenere presente che anche molti regimi non democratici fanno ricorso ad elezioni per il Parlamento. Si tratta di elezioni definite da Hermet, Rose e Rouquié senza scelta, in cui prevalgono le funzioni di mobilitazione e di manipolazione del consenso e il pluralismo, se esiste, è fittizio in quanto è permessa l’esistenza solo ad alcuni gruppi. Inoltre il ruolo del Parlamento risulta assai ridotto.
Nell’800 le elezioni erano a suffragio ristretto e potevano votare solo quei cittadini di sesso maschile in possesso di requisiti censitari e che sapessero leggere e scrivere. Nei paesi europei il suffragio universale maschile cominciò ad essere istituito dalla metà del sec. XIX. Il diritto di voto alle donne fu concesso per lo più dal primo dopoguerra con le eccezioni della Nuova Zelanda (che nel 1893 fu il primo paese a concedere il diritto di voto alle donne anche se era ancora formalmente una colonia britannica), l’Australia nel 1902, la Finlandia nel 1906, la Norvegia nel 1913, Danimarca e Islanda nel 1915, la Russia nel 1917 e la Svezia nel 1918.
In Italia nel 1912 il suffragio maschile fu allargato e i maschi d’età superiore ai 30 anni potevano votare senza limitazioni, mentre per i maggiorenni d’età inferiore erano richiesti requisiti censitari, o la prestazione del servizio militare. Nel 1919 fu introdotto il suffragio universale maschile e potevano votare tutti i maschi che avessero compiuto il ventunesimo anno d’età senza limitazioni mentre le donne poterono votare per la prima volta nel 1946 nelle prime libere elezioni dopo il periodo fascista.
Bibliografia
P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d’Italia. Profilo storico-statistico, Bologna, Il Mulino, 1988.
D. Fisichella, Elezioni, in <<Enciclopedia delle Scienze Sociali>>, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1993, vol. III, pp. 510-519.
G. C. Hermet, R. Rose, A. Rouquié, Elections Without Choice, London, Macmillan, 1978.
Voce “Elezioni”, in <<Enciclopedia storica>>, Novara, De Agostini, 1997.
Ultimo aggiornamento (Lunedì 15 Febbraio 2021 09:42)