Sistema elettorale Argentina
SISTEMI ELETTORALI - AMERICA DEL SUD |
SISTEMA ELETTORALE ARGENTINA
Forma di governo Repubblica federale presidenziale |
Capitale Buenos Aires (2.890.000 ab., 14.280.000 aggl. urb.) |
L’Argentina è lo Stato più esteso di lingua spagnola nel mondo, indipendente dalla Spagna dal 1816. È una Repubblica federale presidenziale che prevede l’anomalia (per un sistema presidenziale) della figura del Capo di Gabinetto dei Ministri (Jefe de Gabinete de Ministros), una sorta di "Ministro coordinatore", le cui attribuzioni sono previste e disciplinate dall'art. 100 della Costituzione argentina riformata nel 1994[1]. Si tratta di un organo costituzionale che comunque non è equiparabile ad un Primo Ministro di un sistema parlamentare o semi-presidenziale, in quanto non è Capo del Governo. Il Capo di Gabinetto dei Ministri è stato introdotto dai riformatori non certo per depotenziare il ruolo del Presidente della Repubblica, bensì per esercitare determinate funzioni ausiliarie nell'ambito del potere esecutivo e nel rapporto tra esecutivo e legislativo. Il Capo di Gabinetto viene nominato e rimosso dal Presidente della Repubblica, però può essere rimosso anche dal Congresso attraverso una mozione di censura approvata da ciascuna delle Camere a maggioranza assoluta. Da questa disposizione si può supporre che il Presidente della Repubblica dovrà designare un Capo di Gabinetto che sia gradito anche dal Congresso, al fine di evitare una rimozione. La suddetta riforma, nonostante l'introduzione del Capo di Gabinetto, non sembra comunque aver trasformato il sistema politico argentino in una forma di governo semi-presidenziale, in primo luogo perché il Presidente è contemporaneamente Capo dello Stato e Capo del Governo, inoltre dispone pur sempre del potere di nomina e revoca non solo del Capo di Gabinetto ma anche dei Ministri, i quali non possono essere sfiduciati dal Congresso. Oltretutto il Presidente della Repubblica non può licenziare il Congresso il quale a sua volta non può sfiduciare il Presidente. Quindi sembra più appropriato far rientrare il sistema argentino nella fattispecie di un presidenzialismo "attenuato". Comunque nel caso che il Presidente si trovi in minoranza al Congresso o ad uno dei due rami, è teoricamente possibile un'evoluzione in senso semipresidenziale del sistema di governo. In tal caso la figura del Jefe de Gabinete acquisirebbe una certa rilevanza nel rapporto tra Presidente e Congresso.
Il Presidente della Repubblica viene eletto a suffragio universale per 4 anni con possibilità di un rinnovo per un secondo mandato consecutivo. Il sistema applicato è una variante di maggioritario: se nessun candidato raggiunge al primo turno almeno il 45% dei voti validi, oppure anche il 40% purché il secondo arrivato sia distanziato di almeno 10 punti percentuali, si svolge un secondo turno di ballottaggio tra i primi due candidati.
Il Parlamento (Congresso) è bicamerale, composto da Camera dei Deputati e Senato. La Camera dei Deputati è formata da 257 membri eletti per 4 anni (metà di essi rinnovati ogni 2 anni) in 24 circoscrizioni plurinominali (corrispondenti alle 23 Province più la Città di Buenos Aires, alle quali vengono assegnati i seggi in proporzione alla loro popolazione) col sistema proporzionale, metodo D'Hondt, lista bloccata, con soglia del 3% a livello circoscrizionale. Il Senato è formato da 72 membri eletti per 6 anni col plurality system (1/3 di essi viene rinnovato ogni 2 anni) in 23 collegi (di 3 seggi ciascuno) corrispondenti alle 23 Province, più la Capitale Buenos Aires che forma un collegio elettorale speciale di 3 membri. Il partito o la coalizione vincente in un collegio conquista 2 seggi su 3. La votazione è obbligatoria tra i 18 e i 70 anni, con alcune eccezioni (malattia e lunga distanza dai seggi elettorali); le pene per l'astensione consistono in un'ammenda (tra 50 e 500 pesos argentini) e il divieto di ricoprire cariche pubbliche o impiego per tre anni dall'elezione. L’elettorato attivo è fissato a 16 anni sia per la Camera, sia per il Senato, mentre quello passivo è fissato a 25 anni per la Camera e 30 per il Senato.
I principali partiti a livello nazionale sono il Partito Giustizialista che deriva dal Partito Peronista (di stampo populista) fondato nel 1946 dal generale Juan Domingo Perón e l’Unione Civica Radicale (sinistra moderata) che è il più antico partito argentino fondato nel 1891. Attualmente i due partiti fanno parte di alleanze che si ispirano in vario modo all’ideologia peronista.
Caratteristiche del sistema elettorale della Camera dei Deputati a partire dal 1983
Anni e numero di elezioni |
Formula elettorale |
Grandezza media della circoscrizione |
Numero delle circoscrizioni |
Soglia legale |
Struttura della votazione |
1983-2017 |
D’Hondt |
10,71 |
24 |
3% a livello circoscrizionale |
Lista bloccata |
Caratteristiche del sistema elettorale del Senato a partire dal 1983
Anni e numero di elezioni |
Formula elettorale |
Grandezza media della circoscrizione |
Numero delle circoscrizioni |
Seggi |
Struttura della votazione |
1983-1999 |
I senatori erano eletti dalle legislature provinciali con il sistema maggioritario |
3 |
24 |
72 |
Lista bloccata |
2001-2017 |
Plurality (maggioranza relativa) |
3 |
24 |
72 |
Lista bloccata |
Fonti: A. DALLA VÌA, Constitution de la nacion argentina, La Plata, Platense, 1994, pp. 67-68, http://electionresources.org/ar, www.globalgeografia.com, Wikipedia e Interparliamentary Union
[1] La riforma costituzionale è nata dall’accordo (cd. Pacto de Olivos) tra i due principali partiti: il Partito Giustizialista e l’Unione Civica Radicale. I firmatari dell’accordo furono Raúl Alfonsín e Carlos Menem.
Ultimo aggiornamento (Sabato 09 Dicembre 2017 12:22)